Accade, in modo poi non così infrequente, che si effettuino acquisti all’estero con addebito di IVA (estera) da parte del fornitore. Si tratta ad esempio del caso in cui acquistiamo un servizio per cui, in deroga alla regola generale, l’imposta è dovuto nello Stato in cui lo stesso viene prestato (una notte in hotel, il pasto consumato in un ristorante, ecc.) o del caso in cui acquistiamo un bene e quel bene rimane nello Stato in cui è avvenuto l’acquisto. Scopriamo insieme chi può chiederne il rimborso, entro quali termini ed in che modo.

L’IVA che abbiamo pagato all’estero è definitivamente un costo o la possiamo recuperare?

Tassativamente entro il 30 settembre dell’anno successivo (30 settembre 2018 nel caso dell’IVA che ci è stata addebitata nel 2017) l’IVA corrisposta in un altro Stato dell’Unione Europea può essere richiesta a rimborso utilizzando il c.d. “portale elettronico”. Al portale si accede dal sito dell’Agenzia delle Entrate e, per poter inserire la richiesta, è necessario essere in possesso delle credenziali Fisconline/Entratel; in alternativa può essere conferito incarico (a presentare istanza per noi) ad un intermediario abilitato.
Accedendo al portale si presenta così istanza di rimborso dell’IVA assolta in altri Stati UE (una diversa istanza per ogni singolo Stato); l’Agenzia delle Entrate farà un primo controllo ed invierà poi la nostra richiesta all’amministrazione fiscale dello Stato comunitario competente.

Chi può presentare la richiesta di rimborso?

Chi soddisfa congiuntamente precisi requisiti relativi alla sua attività in Italia e alla sua posizione nello Stato estero. Più in particolare: ha diritto a presentare istanza di rimborso chi nel periodo di riferimento (per le istanze in scadenza il 30 settembre p.v. si guarderà alla situazione 2017):

– ha svolto attività d’impresa, arte o professione;
– non ha effettuato unicamente operazioni esenti o non soggette che non danno diritto alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del DPR 633/72;
– non si sia avvalso del regime dei contribuenti minimi;
– non si sia avvalso del regime speciale per i produttori agricoli;
– non ha avuto (nel periodo di riferimento) una stabile organizzazione nello Stato membro che deve eseguire il rimborso;
– non ha effettuato (nel periodo di riferimento) cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare nello Stato membro di rimborso, fatta eccezione per:

– prestazioni di servizi di trasporto e di servizi accessori “non imponibili”;
– cessioni di beni e prestazioni di servizi per le quali l’imposta è assolta con il meccanismo dell’inversione contabile dal cessionario o committente stabiliti nello Stato di rimborso.

Quest’anno il 30 settembre cade di domenica, il termine slitta al 1° ottobre?

L’istanza, che si considera presentata entro il giorno in cui è completata la ricezione del file contenente i dai richiesti, deve essere tassativamente trasmessa entro il 30 settembre dell’anno solare successivo a quello per il quale si chiede la somma.

La Corte di Cassazione (Sentenza n. 16692 del 3 luglio 2013) ha chiarito che il termine ha carattere perentorio e che, nell’eventualità dovesse cadere di sabato o in giorno festivo, non trova applicazione la proroga al successivo giorno feriale.

Il diritto di rimborso incontra dei limiti?

La risposta è si. Un primo limite è in termini di “importo minimo”. Secondo quanto previsto dall’articolo 17 della Direttiva 2008/9 l’istanza:

• può essere presentata con riferimento al trimestre solare purché l’importo dell’IVA oggetto di rimborso non sia inferiore a 400 euro;
• se riferita all’anno o alla parte residua di un anno, l’importo dell’IVA oggetto di rimborso non può essere inferiore a 50 euro.

Inoltre, gli Stati membri:

riconoscono il rimborso dell’IVA addebitata al soggetto passivo italiano nella misura in cui i beni e servizi oggetto dell’acquisto risultano impiegati dal richiedente per effettuare operazioni soggette ad IVA in Italia;
negano il rimborso se, in relazione alle norme intere, esistono limitazioni del diritto alla detrazione dell’IVA (deve essere quindi verificata la legislazione nazionale dello Stato membro).

Infine, il rimborso non compete:

– per gli importi dell’IVA che, secondo la legislazione dello Stato membro di rimborso, sono stati indebitamente/erroneamente fatturati dal cedente o prestatore comunitario nei confronti del cliente italiano;
– per gli importi dell’IVA fatturati in relazione alle cessioni di beni che siano o possano essere “non imponibili” nello Stato membro di rimborso in quanto cessioni intracomunitarie di beni e cessioni all’esportazione con trasporto a cura del cessionario.

Devo allegare documenti o fornire informazioni particolari?

Ogni Stato Membro ha espresso preferenze in termini di:

• utilizzo di subcodici da inserire nella richiesta di rimborso per la descrizione dei beni indicati in fattura;
• documenti da allegare;
• codici NACE da utilizzare per la descrizione dell’attività esercitata;
• lingue da utilizzare per le informazioni da indicare;
• periodo di riferimento della richiesta di rimborso;
• presentazione della richiesta da parte di terzi.

La verifica delle preferenze espresse dai vari Stati (e, di conseguenza, dell’obbligo di fornire informazioni e documenti) può essere eseguita facendo riferimento alla tabella resa disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate nella sezione “Rimborsi IVA UE residenti”.

E se voglio avere informazioni?

Per ottenere informazioni sullo stato della richiesta ci si deve rivolgere alle amministrazioni fiscali estere i cui riferimenti sono riportati nell’elenco reso disponibile sempre sul sito dell’Agenzia delle Entrate nella sezione “Rimborsi IVA UE residenti”.

Fonte: A cura della Dott.ssa Flavia Gelmini – TLA Partners – Consulente fiscale internazionale

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